Ecologia integrale: nodi di rigenerazione, di Mons. Mario Toso, svolto al Convegno CURA DELLA CASA COMUNE, all’interno della Rassegna RIGENERA – Festival dell’Architettura contemporanea, a cura dell’Ordine degli Architetti di Reggio Emilia

La rigenerazione dell’umano rigenera l’architettura

Premessa

La questione sociale odierna, come ha ben evidenziato la Laudato sì’ (=LS)1 di Papa Francesco è una questione ecologicao, meglio, di ecologia integrale. Pertanto, guardando alle cause e alle possibili soluzioni di tale questione, che concerne l’umanità intera e il pianeta terra, visti insieme, siamo chiamati a vivere una conversione integrale, da parte di tutti, a più livelli.

Una tale conversione, fatta di cambiamento di mentalità, di cultura, di stili di vita e di atteggiamenti, concerne le molteplici relazioniche sostanziano il tutto sociale, dato dall’unità tra «ambiente umano» e «ambiente naturale», tra paradigmi di umanesimo e benessere abitativo, urbanistico. Non si dà una rigenerazione dell’architettura senza un’antropologia adeguata. Non si dà, infatti, esistenza umana fuori dal contesto ambientale, rurale, urbano ed architettonico. Tutto è connessonella realtà che viviamo.

Proprio per questo, la questione sociale non va affrontata come una questione a sé stante, separata dalla questione ambientale, rurale ed urbanistica, bensì come questione interconnessa con l’ecologia.

La questione sociale odierna è questione ecologica integrale

La LS ci sollecita a riflettere sulla questione sociale contemporanea muovendo dalla considerazione di quello che sta accadendo alla nostra casa comune (capitolo I), ossia a partire dai cambiamentidell’umanità e del pianeta, dalla loro rapidità. In particolare, cominciando dalle forme di inquinamento(rifiuti, cultura dello scarto) e dai cambiamenti climatici; dalla questione dell’acqua, dalla perdita di biodiversità, dagli effetti del degrado ambientalee dell’attuale modello di svilupposulla vita delle persone, dell’umanità; dall’inequità planetaria. «Di fatto il deterioramento dell’ambiente e quello della società colpiscono in modo speciale i più deboli del pianeta»,2siano essi individui o Paesi interi.3

In breve, la questione sociale ambientale si presenta in particolare come una questione etica digiustizia. Vi è un «debito ecologico» soprattutto del Nord nei confronti del Sud del pianeta. Vi è, poi, un «debito intergenerazionale» (di pari opportunità fra successive generazioni) ed «infragenerazionale» (di parità di accesso fra gli attuali cittadini del pianeta). Vi è una questione di giustizia ecologica, relativa al degrado degli ecosistemi.

All’origine della crisi ecologica odierna sta, secondo papa Francesco, una causa di origine prevalentemente umana. Si tratta, in particolare, dell’antropocentrismomodernoe del connesso paradigma tecnocratico. All’origine della crisi ecologica, si avrebbe, dunque, principalmente una causa antropologica. Più precisamente, un antropocentrismodeviato, che assolutizza il vantaggio dei singoli, la ragione tecnica, sino a ritenere quest’ultima – elemento peraltro importante del progresso – capace di risolvere tutti i problemi e di creare il senso delle cose. La tecnica, invece, ma anche i mercati, da soli, non sono in grado di garantire uno sviluppo integrale, sostenibile (umano), inclusivo e, quindi, di risolvere i problemi della fame, della miseria, dei processi di urbanizzazione, della crisi ecologica.

Quale punto archimedico, dunque, quale curaterapeutica e rigenerativadella cultura oggi dominante: cultura di tipo tecnocratico, consumistico, devastante, foriera di ingiustizie e di diseguaglianze?

Occorre far leva su una cultura ecologica personalista,aperta alla Trascendenza. Solo una cultura così connotata può essere generatrice di un’etica ecologica integrale, ossia di un’ecologia secondo cui l’essere umano non è signore assolutodell’universo, totalmente autonomo rispetto ad esso, bensì unamministratoreche sa riconoscerne e rispettarne gli ordinamenti intrinseci. Solo unanuova visionedell’uomo, non prometeica, solo un’umanità nuova, ovvero teocentrica, potrà instaurare una corretta relazione con il creato, con l’ambiente naturale, rurale ed urbano. Solo ripristinando un umanesimo trascendente, un umanesimo di tipo relazionale, ad impronta trinitaria, si potrà disporre di una concezione umanista del lavoro, della tecnica, della finanza, della città, dell’architettura. Solo ripristinando un umanesimo trascendentesarà possibile disporre di una fonte che ispira e modella i vari processi di urbanizzazione, le politiche volte alla rigenerazione urbana. L’umanesimo trascendente, frutto della rivelazione cristiana, considera la relazionalitàcome elemento essenziale dell’humanum. La persona, strutturata a tu, si compie in un «noi di persone in comunione tra di loro» e in una relazionalità che serve il bene comune e il creato senza strumentalizzazioni.

Ma occorre chiedersi: da dove può derivare un nuovo umanesimo trascendente, o quella nuova sintesi culturaleche lo compagina; da dove, in ultima analisi, può pervenirci la forza rigeneratrice di una nuova antropologia e di una nuova morale per l’attività umana, compresa quella architettonica? Secondo papa Francesco – egli non esita ad affermarlo – essi derivano a noi dalle convinzioni di fede, le quali ci offrono una fonte di sapere ed un vigore etico che integrano i vari saperi umani e le forze morali dell’uomo.

Secondo la LS le convinzioni di fede, che complementano le nostre conoscenze terrene, sono contenute sia nel «vangelo della creazione» sia nel «vangelo della redenzione». Entrambi i «vangeli», che si integrano tra di loro, aiutano a superare l’antropocentrismo dispotico, ovvero la tentazione che ha l’uomo di pensarsi onnipotente, riducendo tutto il creato, le stesse città, a «materia» manipolabile arbitrariamente, secondo criteri meramente tecnici o economici. Inoltre, immettono in una prospettiva di fede secondo cui il creato, l’umanità con la sua attività, dopo il peccato, sono «assunti» e attirati nella sfera della nuova creazione, che egli ha inaugurato con la sua incarnazione, morte e risurrezione. Il Risorto avvolge misteriosamente le creature, le attività umane, compresa l’architettura, e le orienta ad un destino di pienezza.4Dopo la risurrezione, mediante cui sottopone il creato ai gemiti di una nuova creazione, non abbandona questo mondo. Vive in esso, seppur in maniera invisibile. Lavora al suo compimento. Queste verità teologiche sono magnificamente proposte dal Beato Angelico nella sua famosa opera pittorica che raffigura il Risorto, incontrato e riconosciuto da Maria Maddalena, con la zappa in spalla, pronto a salire al Padre, ma sempre all’opera nel giardino creato da Dio.

Per quanto sin qui detto, papa Francesco ci fa capire che nella soluzione della questione ecologica, questione di ecologia integrale, in cui ecologia umana ed ecologia ambientale formano un tutt’uno, in cui un nuovo umanesimo trascendentesuscita indimenticabili paradigmi di benessere abitativo e di armonia urbanistica, come dimostra la storia del nostro Paese, è cruciale e decisiva la fede nel Risorto. Mediante una fede che contempla il Risorto e lo incontra nella storia si raggiunge un punto generativo di nuovo pensiero, di nuova cultura e di nuova architettura davvero unico. È dalla fede nella redenzione di Cristo che scaturisce un nuovo umanesimo trascendentee, di conseguenza, una nuova visionedel lavoro, della tecnica, della finanza, dell’economia, della politica, dello sviluppo, della città, dell’architettura religiosa e civile, non in quanto fini a se stessi, ma quali realtàministerialial bello, alla pienezza umana in Dio delle persone, delle famiglie e dei popoli. In Italia, molteplici edifici religiosi e costruzioni civili testimoniano quell’umanesimo trascendente e comunitario di cui le città, i borghi e le stesse piazze di importanti città mostrano di essere impronta viva ed eloquente. A tali esempi di umanità architettonica, come è il caso della piazza del palio di Siena o le «case a corte», edilizia di origine contadina, hanno poi fatto da contraltare l’obbrobrio delle Vele di Scampia, costruite tra il 1962 e il 1975, ed anche l’edilizia del secondo dopoguerra, gli anni del boomdemografico. Siamo stati testimoni dei grandi progetti di urbanizzazione che tendevano a coincidere con forme architettoniche e urbanistiche di collettivizzazione, ispirate da ideologie socialiste e comuniste. Veniva concretizzato un modello di edilizia intensiva in cui il bello e l’umano sembravano essere marginalizzati. Oggi, sospinti anche dall’ala dell’ecologia integrale, espressione dell’ispirazione cristiana, viene offerta all’architettura la possibilità di una felice rigenerazione delle città. Specie di quelle città in cui sussiste il degrado delle periferie, ma anche di quelle in cui è stata realizzata una rigenerazione standardizzata, parziale, ossia solo sulla proprietà pubblica, senza una feconda ibridazione tra pubblico e privato. È noto che la rigenerazione urbana deve tener conto di soluzioni che consentano alla qualità architettonica di abbinarsi alla sostenibilità energetica e alla sicurezza antisismica. Ma non può essere sottovalutato l’apporto ispiratore di quell’umanesimo trascendente di cui si è parlato poco sopra. Esso è intrinseco all’umanità. Rigenerare le città, poi, deve andare di pari passo con il recupero di radici e di identità, spesso appiattite da prospettive globaliste, con la valorizzazione delle relazioni umane e sociali, del protagonismo delle comunità locali, consentendo ai comuni di svolgere un ruolo primario.

Quanto affermato da papa Francesco è oggi particolarmente fecondo e creativo da un punto di vista sociale e della stessa rigenerazione architettonica. Se si intende, in specie, dar vita ad un rinascimentoantropologico ed etico – che come già accennato, è premessa di un pensiero pensante, non strumentale -, ma anche al rafforzamento dello Stato di dirittoe alla tenuta moraledella democrazia, in contesti in cui prevalgono prospettive improntate ad un neoindividualismo utilitarista e libertario, occorre coltivare un umanesimo cristocentrico, che include una visione metafisica della relazione tra le persone, un personalismo aperto alla trascendenza.

A questo punto potremmo dire che fattore rigenerante del vivere sociale, delle città, come anche fattore compattante un’ecologia integrale, in definitiva, è la fede in Cristo. Come risulta affermato nella lettera apostolica Querida Amazonia, fattore primo e principale della realizzazione di un’ecologia integrale, implicante una più profonda umanizzazione, è l’annuncio di Cristo.

  1. Altri nuclei rigeneranti a livello sociale e civile

Essendo la questione sociale odierna una questione di ecologia integrale c’è bisogno di soluzioni integrali, ossia di soluzioni che tengono in conto del fatto che non vi è una crisi ambientale e una crisi sociale, bensì un’unica crisi socio-ambientale,5che tocca i vari piani d’esistenza.

Le soluzioni vanno, allora, ricercate su più livelli di azione. Innanzitutto, sul piano internazionale, facendo leva su un consenso mondiale, su Vertici mondialimeno inconcludenti; sul piano delle politiche nazionali e locali; su una democrazia dal bassoe su una cittadinanza attiva.

Considerando quest’ultimo livello, papa Francesco, auspica la nascita dimovimenti ecologici mondialinazionali, dei cittadini in quanto tali, degli imprenditori, dei consumatori, delle famiglie, sostenuti dal dialogo delle religioni e delle scienze, da una grande opera di educazione. Ma quale educazione, considerato che essa stessa è in profonda crisi? L’educazione di cui oggi necessitiamo non deve limitarsi ad offrire nozione scientifiche e a prevenire rischi o a riparare danni. Deve includere la criticaai «miti» della modernità, basati su una ragione strumentale, su paradigmi scientisti; deve aiutare a recuperare i diversi livelli dell’equilibrio ecologico e a fare quel salto verso il mistero, che consente di dare un fondamento profondo all’etica ecologica.6

L’obiettivodell’educazione è quello di formare ad una cittadinanzaecologica; a solide virtùche abilitino ad un impegno disinteressato e costante, radicato su motivazioni adeguate; a tutta una serie di piccole azioni quotidiane, ad esempio, volte ad evitare l’uso di materiale plastico e lo spreco di carta; a ridurre il consumo dell’acqua; a differenziare i rifiuti; a cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà consumare; a spegnere le luci inutili; a riciclare le cose invece di disfarsene; a trattare con rispetto gli altri esseri viventi; ed anche a piantare alberi. Sono azioni che diffondono un benenella società e ci restituiscono il senso della nostra dignità.7

Una solida educazione ecologicaè strategica e, talora, ultima chancedi fronte alla frequenza dei comportamenti illegalinell’amministrazione degli Stati, nella società civile e tra i cittadini. 

Le leggi possono anche essere chiare, possono anche essere state correttamente approvate e promulgate, ma spesso non sono applicate. Se non basta una legislazione chiara per la protezione dell’ambiente, ad esempio di una foresta, come avviene spesso in Brasile, o per la protezione della salute pubblica, come in Italia nella «Terra dei fuochi», territorio in cui sono stati compiuti sversamenti di rifiuti industriali, tossici e nucleari, con la complicità della malavita e delle amministrazioni, di che altro c’è bisogno? Su questo tema torneremo tra poco.

Oltre ad una legislazione riformata, resa più chiara e certa, occorre unavita buonache deve animare le istituzioni sociali, la vita dei cittadini, compresi gli architetti, e che si acquisisce mediante un’educazione integrale, aperta alla trascendenza. C’è bisogno di un nuovoethos, permeato da fraternità universale e da solidarietà. La vitabuonasi struttura, mediante l’educazione alle virtù, imperniata attorno alla legge moralenaturale, inscritta nella coscienza di ogni uomo, e alla nozione di bene comune, principio centrale dell’ecologia sociale.

Solo il riconoscimento del primato del bene comuneaiuterà i cittadini e la politica, ma anche gli architetti, a non cedere alla corruzione, all’illegalità, agli interessi particolaristici. Gli Stati, i cittadini e gli uomini politici sono aperti alla protezione dell’ambiente, bene collettivo, quandosono contemporaneamente aperti al bene di tutti. Solo se il bene comune viene posto al centro dell’azione politica e delle società civili, si può superare il dramma di un agire istituzionale focalizzato su risultati immediati; schiavo di un’economia a sua volta succube del capitalismo finanziario; ostaggio di interessi elettorali8o di gruppi criminali organizzati, forniti di ingenti mezzi finanziari e di collusive protezioni.

Un criterio chiave per tutti, compresi i politici e gli architetti: la formazione della coscienza morale

Senza un’ecologia umana, ossia senza persone coltivate come esseri morali, liberi e responsabili, con una chiara e forte coscienza del bello, del bene, specie del bene comune, considerati alla luce dello sviluppo sostenibile, non è immaginabile di risolvere la questione ambientale.

Senza una coscienza morale ben formata, senza un’esistenza virtuosa, orientata dal bene, dal vero e da Dio,non è possibile affrontare adeguatamente i problemi ecologici, salvare la biodiversità, evitare l’inquinamento dell’aria, dell’acqua, l’uso dissennato delle risorse, rigenerare le aree urbane, cercare soluzioni integrali, che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra di loro e con i sistemi sociali.

Senza persone formate moralmente e dal punto di vista professionale (sui problemi reali, concernenti la salute della città, del pianeta e del creato) c’è il pericolo che non si riesca a valutare il reale impatto ecologico delle nostre azioni. Chi, ad esempio, non ha una coscienza morale formata, difficilmente si atterrà all’osservanza delle leggirelative alla salvaguardia dell’ambiente, all’uso dell’acqua, all’ecologia urbana.

Senza un’educazione e una formazione di base, non è possibile l’attuazione delle leggi, il mantenimento della legalità.

Tanto all’interno dell’amministrazione della cosa pubblica, quanto nelle diverse espressioni della società civile (a livello di sindacati, a livello di urbanistica, di costruzioni) o nelle relazioni degli abitanti tra loro, si registrano con eccessiva frequenza comportamenti illegali.

Come ho già accennato sopra, le leggi possono essere redatte in forma corretta, ma spesso rimangono come lettera morta. Papa Francesco si pone, allora, una domanda: «Si può dunque sperare che la legislazione e le normative relative all’ambiente siano realmente efficaci? Sappiamo, per esempio, che Paesi dotati di una legislazione chiara per la protezione delle foreste, continuano a rimanere testimoni muti della sua frequente violazione. Inoltre, ciò che accade in una regione esercita, direttamente o indirettamente, influenze sulle altre regioni. Così per esempio, il consumo di droghe nelle società opulente provoca una costante o crescente domanda di prodotti che provengono da regioni impoverite, dove si corrompono i comportamenti, si distruggono vite e si finisce col degradare l’ambiente».9

A proposito di formazione della coscienza nella Laudato sìviene fatta questa considerazione, che non è assolutamente banale e secondaria per gli stessi architetti.

Chi mostra una considerevole superficialità nei confronti dei beni-valori della vita (dal concepimento alla fine naturale), come quando l’interruzione della gravidanza è talmente banalizzata da essere equiparata ad un semplice intervento farmacologico, oppure come è avvenuto nei confronti degli anziani nel tempo di pandemia (posposti ai più giovani nell’accesso alla terapia intensiva), appare, purtroppo, poco affidabile dal punto di vista dell’ecologia integrale, della salvaguardia dell’ambiente naturale ed urbano. Infatti, come potrebbe essere affidabile chi mostra poco rispetto per il bene primario della vita delle persone, ossia chi in sostanza è disposto a barattare la vita altrui per un interesse economico, utilitaristico o per un diritto arbitrario? Purtroppo una radice di inaffidabilità nei confronti della salvaguardia dell’ambiente si può ravvisare persino nel caso della non osservanza delle norme di sicurezza anti Covid-19. Chi pensa solo a se, e non anche alla vita altrui, rinunciando alla mascherina, non appare propenso alla tutela dell’ambiente.

Alcune linee pratiche di soluzione 

Tra i compiti dei cittadini, dei sindacati, dei politici, ma anche degli architetti, si possono annoverare:

  1. La coltivazione di un’ecologia culturale. Insieme al patrimonio naturale, ad es., di una città, va promosso anche il patrimonio storico, artistico e culturale (ugualmente minacciato). Quest’ultimo fa parte dell’identitàdi una città. Quindi, non si tratta di distruggere e di creare nuove città ipoteticamente più ecologiche. Si tratta, invece, di prestare attenzione alla cultura locale, non solo intesa come insieme di monumenti del passato, bensì come insieme delle molteplici relazioni di una cittadinanza con l’ambiente in cui vive, con la storia che la caratterizza, dal punto di vista architettonico, della vita quotidiana, della qualità della sua vita e delle conquiste tecno-scientifiche. Non bastano soluzioni meramente tecniche, senza tener conto della storia architettonica e culturale di una città. Le soluzioni meramente tecniche rischiano di non prendere in considerazione aspetti simbolici e culturali fondamentali per le comunità cittadine e rurali.
  2. La coltivazione dell’ecologia della vita quotidiana. Autentico sviluppo si ha quando si attua un miglioramento integrale della qualità della vita umana, tenendo conto degli spaziin cui si svolge l’esistenza delle persone. Gli ambienti in cui viviamo influiscono sul nostro modo di vedere la vita, di sentire e di agire. Al tempo stesso, nella nostra casa, nella mia stanza, nel nostro luogo di lavoro facciamo uso dell’ambiente per esprimere la nostra identità. Detto altrimenti, l’ambiente ci impone dei limiti, dei condizionamenti, allorché è disordinato, caotico, saturo di inquinamento visivo ed acustico. L’ambiente urbano non curato, degradato, malsano, influisce negativamente sulle persone, sulla loro salute, sul loro carattere, sull’umore, sui comportamenti.
  3. Incoraggiare la creatività e la generosità di persone e di gruppi perché siano capaci di ribaltare i limiti dell’ambiente. A volte è encomiabile l’ecologia umana che riescono a sviluppare i poveri in mezzo a tante limitazioni. La loro vita sociale positiva e benefica diffonde luce in un ambiente a prima vista invivibile. In alcuni luoghi, dove le facciate degli edifici sono molto deteriorate, vi sono persone che curano con molta dignità l’interno delle loro abitazioni, o si sentono a loro agio per la cordialità e l’amicizia della gente. «La sensazione di soffocamento prodotta dalle agglomerazioni residenziali e dagli spazi ad alta densità abitativa, viene contrastata se si sviluppano relazioni umane di vicinanza e calore, se si creano comunità, se i limiti ambientali sono compensati nell’interiorità di ciascuna persona, che si sente inserita in una rete di comunione e di appartenenza. In tal modo, qualsiasi luogo smette di essere un inferno e diventa il contesto di una vita degna» (Laudato sì’n. 148).
  4. Combattere l’estrema penuria di alcuni ambienti periferici, privi di armonia, di ampiezza, di possibilità di integrazione per impedire l’insorgere di comportamenti disumani e la manipolazione delle persone da parte di organizzazioni criminali. Per gli abitanti di quartieri periferici molto precari, l’esperienza quotidiana di passare dall’affollamento all’anonimato sociale che si vive nelle grandi città, può provocare una sensazione di sradicamento che favorisce comportamenti antisociali e violenza.
  5. Favorire la progettazione di edifici, quartieri, spazi pubblici, città col contributo di più discipline capaci di comprendere i processi, il simbolismo e i comportamenti delle persone. Non basta la ricerca della bellezza nel progetto, perché ha ancora più valore servire un altro tipo di bellezza: la qualità della vita delle persone, la loro armonia con l’ambiente, l’incontro e l’aiuto reciproco. Anche per questo è tanto importante che il punto di vista degli abitanti del luogo contribuisca sempre all’analisi della pianificazione urbanistica (LS n. 150).
  6. Potenziare la cura degli spazi pubblici, dei quadri prospettici, dei punti di riferimento urbani, che accrescono il senso di appartenenza, di radicamento, del «sentirsi a casa» all’interno della città intesa come un «noi».
  7. Politiche che favoriscono la proprietà della casa. Questa favorisce la dignità delle persone e lo sviluppo delle famiglie. Si tratta di una questione centrale dell’ecologia umana. Vanno migliorati gli agglomerati caotici di case precarie, urbanizzandoli, non cacciando le persone. Sono belle le città che superano la sfiducia, integrano i differenti e fanno di tale integrazione un nuovo fattore di sviluppo. Sono belle le città che anche nel loro disegno architettonico, sono piene di spazi che collegano, mettono in relazione, favoriscono il riconoscimento dell’altro.
  8. Lacura della qualità della vita nelle città rispetto al trafficointenso, inquinante, con consumo di enormi quantità di energia non rinnovabile, con la conseguente costruzione di più strade e parcheggi che danneggiano il tessuto urbano. E, quindi, diventa necessario considerare l’urgenza del miglioramento sostanziale dei trasporti urbani, spesso affollati all’inverosimile, scomodi, con scarsa frequenza dei servizi, introducendo bus elettrici, come green-go bus a Faenza, la città ove sono vescovo.
  9. Operare affinché la tecnologia basata sui combustibili fossili, molto inquinanti, come il carbone, il petrolio, il gas (in misura minore) venga progressivamente sostituita, incrementando lo sviluppo delle energie rinnovabili. «Non si può pensare a ricette uniformi, perché vi sono problemi e limiti specifici di ogni Paese e regione. È vero anche che il realismo politico può richiedere misure e tecnologie di transizione, sempre che siano accompagnate dal disegno e dall’accettazione di impegni graduali vincolanti. Allo stesso tempo, però, in ambito nazionale e locale c’è sempre molto da fare, ad esempio promuovere forme di risparmio energetico. Ciò implica favorire modalità di produzione industriale con massima efficienza energetica e minor utilizzo di materie prime, togliendo dal mercato i prodotti poco efficaci dal punto di vista energetico o più inquinanti. Possiamo anche menzionare una buona gestione dei trasporti o tecniche di costruzione e di ristrutturazione di edifici che ne riducano il consumo energetico e il livello di inquinamento. D’altra parte, l’azione politica locale può orientarsi alla modifica dei consumi, allo sviluppo di un’economia dei rifiuti e del riciclaggio, alla protezione di determinate specie e alla programmazione di un’agricoltura diversificata con la rotazione delle colture. È possibile favorire il miglioramento agricolo delle regioni povere mediante investimenti nelle infrastrutture rurali, nell’organizzazione del mercato locale o nazionale, nei sistemi di irrigazione, nello sviluppo di tecniche agricole sostenibili. Si possono facilitare forme di cooperazione o di organizzazione comunitaria che difendano gli interessi dei piccoli produttori e preservino gli ecosistemi locali dalla depredazione» (n. 180).
  10. Politiche di disincentivazione delle cattive pratiche e di incentivazione delle buone pratiche, come lo studio dell’impatto ambientale prima dell’elaborazione di un progetto produttivo, come l’incentivazione di processi trasparenti che coinvolgono gli abitanti di un luogo, rifiutando politiche focalizzate solo su risultati immediati.
  11. Politiche che non si subordinano pedissequamente ad una finanza di mera speculazione.

Conclusione

Di particolare importanza sono le parole rivolte da papa Francesco all’uditorio dell’Udienza generale del 12 settembre 2020, anche con riferimento al rapporto tra ecologia integrale e rigenerazione architettonica: «Per uscire migliori da una crisi come quella attuale, che è una crisi sanitaria e al tempo stesso una crisi sociale, politica ed economica, ognuno di noi è chiamato ad assumersi la sua parte di responsabilità cioè condividere le responsabilità. Dobbiamo rispondere non solo come persone singole, ma anche a partire dal nostro gruppo di appartenenza, dal ruolo che abbiamo nella società, dai nostri principi e, se siamo credenti, dalla fede in Dio. Spesso, però, molte persone non possono partecipare alla ricostruzione del bene comune perché sono emarginate, sono escluse o ignorate; certi gruppi sociali non riescono a contribuirvi perché soffocati economicamente o politicamente. In alcune società, tante persone non sono libere di esprimere la propria fede e i propri valori, le proprie idee: se le esprimono vanno in carcere. Altrove, specialmente nel mondo occidentale, molti auto-reprimono le proprie convinzioni etiche o religiose. Ma così non si può uscire dalla crisi, o comunque non si può uscirne migliori. Usciremo in peggio».

+ Mario Toso

Vescovo di Faenza-Modigliani e

Delegato per i problemi sociali e il lavoro della Conferenza Episcopale Emilia Romagna

1Cf Francesco,Laudato sì’(=LS), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2015.

2LS n. 48.

3Cf LS n. 51.

4Cf LS n. 100.

5Cf LS n. 139.

6Cf LS n. 210.

7Cf LS nn. 211-212.

8Cf n. 178.

9FRANCESCO, Laudato sì’, n. 142.

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