Covid e sovraffollamento delle carceri

dell’Avv. Maria Luigia Marceddu

Il problema del sovraffollamento delle carceri è un autentico attentato alla Costituzione, a cui si aggiunge anche l’uso sproporzionato dell’utilizzo della carcerazione preventiva.

Le problematiche legate al possibile contagio da coronavirus hanno riaperto il problema, anche in considerazione delle sommosse che sin da subite sono scoppiate nelle carceri italiane in tutta Italia, e che hanno causato i primi morti.

Per ridurre il sovraffollamento, il decreto legge del 16 marzo scorso prevede gli arresti domiciliari per detenuti che ancora devono scontare sino a 18 mesi di carcere e, quando il residuo pena sia superiore a 6 mesi, l’obbligo del braccialetto elettronico. 

Occorre precisare che i limiti posti all’autorizzazione dei domiciliari sono molti, per evitare che la necessità di svuotare le carceri determini l’uscita di detenuti particolarmente pericolosi che stanno per finire di scontare la condanna.

Infatti ciò che ha suscitato maggior clamore sono stati alcuni provvedimenti della magistratura di sorveglianza che hanno concesso, in considerazione dell’emergenza sanitaria, la detenzione domiciliare a detenuti per reati di mafia che si trovano in carcere in regime di 41 bis in gravi condizioni di salute.

E ciò grazie a quanto stabilito dal dall’art 2 del decreto legge del 30 aprile 2020 n. 28 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 2/05/2020.

L’articolo citato modifica infatti la disciplina in vigore in relazione ai permessi di necessità ed alla detenzione domiciliare umanitaria o in surroga.

I casi considerati sono due, il primo verificatosi a Milano, ove il Magistrato di Sorveglianza ha emesso in via provvisoria ed urgente ordinanza con la quale ha ritenuto di concedere il beneficio della detenzione domiciliare ad una persona di età avanzata (78 anni) il cui quadro patologico (patologie di tipo cardiaco ed oncologico) lo avrebbe esposto a conseguenze particolarmente gravi in ipotesi contagio da Covid 19.

Il secondo caso riguarda il Tribunale di Sorveglianza di Sassari, che ha concesso la detenzione domiciliare per il periodo di cinque mesi ad un noto boss condannato a 20 anni di reclusione per reati di mafia.

Anche in questo caso la diagnosi clinica del detenuto è una forma tumorale aggressiva che necessita di un programma indifferibile; il problema era sorto in quanto il centro ospedaliero presso il quale il condannato avrebbe dovuto svolgere le cure era divenuto centro covid. Le detenzioni domiciliari e i permessi di necessità sono le uniche misure che, proprio per le finalità umanitarie, possono essere applicate ai detenuti sottoposti al regime detentivo speciale del 41 bis e possono essere concesse dai giudici di sorveglianza previo parere del procuratore antimafia.

L’apertura della fase 2 nel nostro Paese appare sicuramente problematica per le carceri, considerato che in esse i casi di contagi sono aumentati, addirittura quadruplicati negli ultimi 22 giorni.

L’attenzione è sicuramente alta, e le aziende sanitarie hanno già iniziate a fare il test sierologico a tutto il personale delle carceri.

Vedremo come sarà affrontata dal Governo anche l’impennata dei contagi nelle carceri, contagi che, anziché diminuire come avviene in tutto il resto d’Italia, visti gli spazi angusti e le distanze ridotte, aumentano.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *